Quando il montaggio appiattisce la creatività

Un film dalle intenzioni probabilmente buone, che indaga con sguardo ironico i desideri e la staticità di una certa élite cara a Sorrentino. Peccato che il montaggio sembra impreciso, in alcuni momenti incapace di valorizzare i momenti che necessitano di un approfondimento e in altri fastidioso a causa delle varie sottolineature sia a livello musicale, sia coi primi piani che tolgono tutta la delicatezza alla narrazione. Un esempio si trova nella scena in cui Michael Caine declina l'invito a dirigere le sue canzoni per amore di sua moglie: mostrare la reazione della figlia solamente sullo sfondo non è apparentemente abbastanza drammatico; oppure la scena della sinfonia con le mucche, così grossolana e satura di inquadrature che sembra una pubblicità per una nuova qualità di cioccolata svizzera. Anche i dialoghi, se non in qualche rara occasione (favoloso il dialogo tra Jane Fonda e Harvey Keitel), sembrano scritti per essere cristallini e forzatamente profondi, come la metafora tra vecchiaia e binocolo panoramico che Keitel fa ai suoi discepoli, ma la cui forma sbrigativa rende l'evento pressoché patetico. In altri momenti rende i personaggi prettamente funzionali, senza sostanza, quasi robotici, come la bambina che commuove l'attore dicendogli ciò che ci attendiamo dal primo momento in cui egli racconta le proprie frustrazioni. Tutto è troppo pulito, scorrevole, alternato da carrellate e sequenze alla Sorrentino per ricordare che non stiamo guardando un qualunque blockbuster con una morale ben definita. C'è dunque un film che cerca qualche spunto nell'estetica di un regista oscarizzato e in un cast da Monte Olimpo, ma che inciampa in un conformismo che appiattisce e non sorprende. Forse, con un montaggio capace di rischiare qualcosa in più, questo film troverebbe la finezza che necessita per attaccarci ai suoi personaggi e alle sue situazioni.

Bamtuki
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le 23 avr. 2018

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